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I giorni di Sarah Scazzi tra bugie e mezze verità: ecco il libro-inchiesta di Ilenia Petracalvina

I giorni di Sarah Scazzi tra bugie e mezze verità: ecco il libro-inchiesta di Ilenia Petracalvina

Il 26 agosto del 2010 è un giovedì. Sarah, che ha da poco compiuto 15 anni, deve andare al mare con sua cugina Sabrina e la sua amica Mariangela, l’unica tra le ragazze ad avere la macchina. Destinazione Torre Colimena. L’appuntamento viene concordato la sera precedente: primo pomeriggio. Ma quel giorno sotto il sole che avvampa nella controra di Avetrana in quei cinque, seicento metri che separano la casa di Sarah da quella della cugina succede qualcosa: Sarah scompare. L’Italia intera inizia a cercarla. Centinaia di giornalisti giungono nel piccolo paese della provincia di Taranto e per quarantadue giorni tutti sperano di ritrovare la ragazzina. Il 6 ottobre la tragica scoperta della verità: Sarah è morta e a toglierle la vita sono state le persone che amava e che erano la sua famiglia. Tra quei giornalisti c’è Ilenia Petracalvina che dal primo giorno osserva, ascolta, raccoglie notizie e racconta quindici anni dopo una storia di rancori profondi e gelosia e assiste a ogni coup de theatre che i responsabili del delitto a turno inscenano per portare gli inquirenti e noi lontano dal pozzo in cui una bambina era stata gettata insieme ad un futuro pieno di promesse. Di quei quarantadue giorni Petracalvina ha voluto lasciarci in un libro la sua testimonianza preziosa di cronista e donna, ricostruendo i fatti di quei giorni e un interno di famiglia che a un certo punto esplode e da lì incombe la tragedia.

Sei stata testimone oculare non dell’omicidio di Sarah ma di quella enorme macchina di menzogne, travestimento dei fatti, accuse rimbalzate, costruita da chi ha ucciso e nascosto il cadavere per orientare e depistare le indagini e soprattutto per allontanare dalla verità. Ti sei accorta e, se sì, quando che davanti a voi giornalisti e all’Italia intera incollata davanti alla televisione in quei giorni di apprensione per la scomparsa di una bambina si stava recitando un copione e che i fili della trama di questa storia anziché sciogliersi si sarebbero intricati sempre di più a nascondere l’orrore e non a svelarlo? Quando hai compreso che questo caso, umanamente e professionalmente, ti avrebbe posto davanti qualcosa di diverso?

«Non subito, era necessario del tempo perché entrassi nella storia e nelle vite di tutti quelli che abbiamo scoperto esserne protagonisti. Però quello che secondo me ha tracciato uno spartiacque, segnato un prima e un dopo, sono state le accuse subito mosse da qualcuno.. alla badante del nonno di Sarah, quel “lavorare” alla costruzione dell’idea che la ragazzina potesse essere stata portata via dall’Italia dalla badante, la volontà di creare in mamma Concetta un convincimento, quell’intenzionale orientare le indagini, suggerire su chi far cadere i sospetti sospettare: ecco questo ha fatto nascere in me delle perplessità. In quel momento mi sono chiesta: “perchè?” “Perché spingere l’opinione pubblica, gli inquirenti in una direzione?” Poi tutto mi è sembrato diventare sempre più chiaro, di una serie di comportamenti, solo superficialmente inspiegabili, di alcuni tra loro ho compreso il significato, il valore.

Sabrina e Cosima si comportavano in maniera tale, giorno dopo giorno, che ti chiedevi: “perché”, una intenzionalità precisa? Raccoglievo frasi che si fissavano nella mia mente più di altre e cominciavo a chiedermi “perché?” In particolare di Sabrina che arruffava, metteva in circolo notizie, ipotesi e alternava il dispiacere per la scomparsa della cugina davanti alle telecamere al nasconderne il diario rosso, attentissima a che tutto venisse raccontato secondo ciò che lei stessa predispone e controlla, la sua sovraesposizione, la sua disinvoltura nelle scelte delle interviste da concedere, l’osservare il fastidio che provava nei confronti di alcuni giornalisti rispetto ad altri forse meno scomodi e suggestionabili mi ha fatto molto riflettere! È stata determinante per me Mariangela, l’amica con la quale quel pomeriggio le due cugine dovevano andare al mare, mi ha aiutata a comprendere la verità sul rapporto tra Sarah e Sabrina, era tutto là, la precisione dei suoi racconti che si fa granitica. Di Sabrina quel “l’hanno presa! l’hanno presa!” ..ecco questo, ricordo, mi ha turbata, quale valore avevano quelle parole a poche ore dalla scomparsa di Sarah?»

L’umiliazione e la ferita nei sentimenti e nell’orgoglio di donna che a Sabrina viene inferta dal racconto che Sarah avrebbe fatto al fratello Claudio di quella notte in cui Ivano aveva prima cercato un approccio sessuale con lei per poi rifiutarla costituisce per i giudici, insieme alla gelosia per quella cugina che stava crescendo e cominciava a rivelare la sua bellezza e attirare le attenzioni dell’uomo che voleva, il movente del delitto. Scoprirsi oggetto di pettegolezzo e temere forse di finire sulla bocca di tutti nella piccola Avetrana, disprezzata da Ivano può aver fatto precipitare le cose e avere scatenato una incontenibile rabbia in Sabrina e Cosima. Quanto è difficile raccontare che in una parte del nostro paese ancora per le donne il destino è deciso dalla propria immagine e compromesso dal pettegolezzo?

«È difficile ma è vero, basta ad esempio osservare la potenza dei social che spaventano e ci hanno reso più vulnerabili usando la nostra immagine e aggredendo le nostre insicurezze. Per Sabrina possiamo supporre anche il dolore e la rabbia nel credere che Ivano avesse potuto pensare che fosse stata proprio lei a raccontare di quella notte e così la paura di averlo deluso e averlo perso per sempre può aver fatto scattare in lei un risentimento devastante. Per una ragazza di un piccolo paese diventare oggetto di calunnia o chiacchiera può rappresentare uno svantaggio sociale».

Quali sentimenti “abitavano” quei luoghi in quei giorni?

«All’inizio, rispetto alla sparizione di Sarah la gente era scossa, erano tutti emotivamente vicini a mamma Concetta ma si sentivano anche destabilizzati perché per la prima volta si trovavano al centro della cronaca nazionale, osservati da milioni di occhi e questo ha turbato la piccola e tranquilla comunità di Avetrana. Quando la verità ha cominciato ad emergere, invece, ha prevalso l’indignazione, la volontà di prendere le distanze dai Misseri, da quel teatro di menzogne e continue e contraddittorie versioni dei fatti. Gli Avetranesi hanno avuto pudore delle telecamere, si sono sentiti danneggiati da quella storia che ha sporcato per sempre il nome di un paese che all’improvviso si sente al centro del mondo ma per l’omicidio di una ragazzina e di un brutto affare di famiglia!»

Sabrina e Cosima le hai conosciute da vicino e hai raccolto le loro prime reazioni e parole. Quale forza le unisce e quali caratteristiche nella personalità le distingue?

«Sabrina si espressa da subito con il fare, organizzare interviste, suggerire piste da seguire, Cosima invece, impenetrabile, era la regia silenziosa degli eventi, a lei nulla sembrava poter sfuggire, i suoi silenzi e le smorfie erano eloquenti. Cosima imponeva con la sua sola presenza, il suo passare timore, al contrario di Concetta di cui si avvertiva l’estrema fragilità. Quelle di Sabrina e Cosima sono due vite così strettamente intersecate l’una all’altra che hanno continuato a condividere in carcere oltre al comune desti-no di condanna anche la quotidianità, lo spazio della cella».

Il giornalista prende informazioni e le dà. Tra questo prendere e dare a te cosa è rimasto del caso Scazzi?

«Credo di aver dato e raccontato la metà di quello che ho compreso, perché non è traducibile in parole quanto ho visto, percepito, avvertito delle persone e della teatralità dei personaggi. La scena di Michele spinto nel garage da Cosima è stata “scattata” da me, ero lì e credo che abbia deciso le sorti del processo, costituto sostanza del processo».

Con il tuo libro vuoi dire che la verità è ciò che dobbiamo alle vittime, in questo caso a Sarah?

«Io penso di essere stata onesta e di avere descritto quei 42 giorni in cui ancora nessuno capiva cosa era successo e perché. Non dovevamo solo scoprire cosa era successo ma cosa stava succedendo! Quindi essere fedele al racconto di quei giorni decisivi, prossima ai responsabili di un delitto così crudele è doveroso e ti rivela tutto».

La Gazzetta del Mezzogiorno

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