Migrazioni, crisi del clima e guerre. L’altra America di Dorothea Lange

14 mag 2025

Centoquaranta scatti della fotografa al Museo Diocesano stimolano una riflessione purtroppo ancora attuale
Crisi climatica, guerre, migrazioni. Ieri, come oggi. Drammaticamente. Un racconto per immagini quello di Dorothea Lange (Hoboken, 1895 - San Francisco, 1965), ritrattista, fotografa americana, di un’attualità sorprendente che supera i confini del periodo storico e stimola una riflessione su temi universali. Il Museo Diocesano ne ospita i lavori (dal 15 maggio al 19 ottobre) nella mostra a cura di Walter Guadagnini e Monica Poggi, in collaborazione con Camera Centro italiano per la Fotografia di Torino: 140 fotografie scattate da Lange tra gli anni ’30 e ’40 a testimoniare un’attualità drammatica degli Stati Uniti. Dalla condizione dei lavoratori agricoli, ridotti in quasi schiavitù, alla segregazione della popolazione giapponese (americani a tutti gli effetti!) in seguito all’attacco di Pearl Harbour. Un capitolo poco noto e poco edificante della storia americana. Lange fa trasparire il suo punto di vista, la sua vicinanza a questi uomini, anch’essi “vinti“ dalle vicende della storia. Immagini dei campi di detenzione che la Lange non vedrà mai pubblicate a causa della forte censura, desecretate a partire dagli anni Duemila, testimonianza fondamentale per la ricostruzione di fatti storici che interrogano ancora il nostro presente. Insomma, un affondo sull’America che non conosciamo (mai) abbastanza.
Fondamentale è il viaggio che la nostra fotografa intraprende nel 1935 con l’economista Paul S. Taylor che sposerà qualche anno dopo. Dal 1931 al 1939 viaggia nelle aree centrali del Paese colpito da una dura siccità, documenta il fenomeno delle Dust Bowl, le ripetute tempeste di sabbia raccontate anche da John Steinbeck nel romanzo Furore (1939) e nella sua versione cinematografica di John Ford (1940), ispiratosi proprio alle fotografie scattate da Lange.
Lange aderisce al programma governativo Farm Security Administration, nato con lo scopo di promuovere le politiche del New Deal, e questo le dà l’opportunità di viaggiare in lungo e largo per gli Stati Uniti e raccontare i luoghi e i volti della povertà. Dalle piantagioni di piselli della California a quelle di cotone degli Stati del Sud, dove la segregazione razziale genera forme di sfruttamento degradanti. Lange realizza migliaia di scatti, raccogliendo storie e racconti riportati nelle dettagliate didascalie che accompagnano le opere. Fra gli scatti che le daranno più notorietà c’è Migrant Mother, il ritratto di Florence Owens Thompson, una madre di 32 anni, disperata, con i sette figli, accampata in un villagigo di tende e auto dismesse. Per anni non se ne saprà il nome, sino a quando a ritrovarla, negli anni Sessanta, fu un giornalista. Così come la foto originale, con il pollice della fotografa ancora visibile prima di graffiare il negativo della pellicola.
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Il Giorno