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Vite spezzate e speranza, Le geometrie variabili di Luca Bonini

Vite spezzate e speranza, Le geometrie variabili di Luca Bonini

(di Marzia Apice) LUCA BONINI, LE GEOMETRIE VARIABILI (Edizioni Low, pp.220, 16 euro). Un incontro che ha il potere di scatenare un terremoto, in vite fragili come cristalli. Il bene come unica carta da giocare per risollevare destini già piegati dalla sofferenza. E poi la rotta tortuosa della speranza per trovare una forma di resistenza che dia luce anche se intorno c'è soltanto buio. Ci sono le figure archetipiche - i padri, le madri, i figli - ma soprattutto i fili spezzati delle relazioni interrotte nel romanzo "Le geometrie variabili" di Luca Bonini, pubblicato da Edizioni Low. Bonini, psicoanalista specializzato in counseling di coppia e familiare e in psicoterapia a orientamento psicodinamico, penetra nei suoi personaggi per mostrarne una complessità fatta non soltanto di sofferenza, ma anche di continui tentativi - teneri, ostinati, goffi - di risollevarsi per riprendere in mano le redini del proprio cammino. Siamo a Torino, oggi: quando la sofferenza di Laura incontra quella di Piergiorgio, tra i due scatta qualcosa. Prima l'attrazione, poi, la possibilità di un amore, che potrebbe rivelarsi salvifico per entrambi. La donna, con un passato di abusi, è ancora provata da un'inquietudine che non le dà scampo e si barcamena in un'esistenza faticosa. Non riesce a fare la madre come vorrebbe, non riesce a odiare suo padre ora reso buono dall'Alzheimer, non riesce a liberarsi da una relazione patologica proprio con l'uomo che ha causato il suo dolore. Piergiulio invece prende le sue soddisfazioni dalla professione di psicologo, ma non riesce a superare le sue fragilità né i suoi fallimenti: primo fra tutti la fine del matrimonio e l'impossibilità di diventare padre. Tra di loro c'è Agata, la figlia di Laura, costretta a stare in una comunità, che attende qualcosa, ma senza aspettarsi più molto dalla vita: eppure la sua indomabile voglia di bene, di cura, di futuro, potrebbe trovare rifugio in Piergiulio e nella sua voglia di paternità. Nelle descrizioni, asciutte, chirurgiche, maniacali, con cui Bonini riempie la pagina, tutti i dettagli diventano piccoli grandi espedienti per raccontare il disordine emotivo dei personaggi, come se fossero uno specchio che riflette ciò che non è visibile agli occhi. E anche Torino, con la sua luce, le piazze, i palazzi, lo sferragliare dei treni, è testimone di questo grande subbuglio di sentimenti contrastanti, tra desideri e paure, aspettative e delusioni. La tensione verso una qualsiasi forma di bene - non importa quale in queste 'geometrie variabili', purché sia autentica - è la rappresentazione della speranza che non si arrende all'infelicità. Un'infelicità che per i personaggi - Laura in primis, ma anche Piergiulio - potrebbe forse essere disegnata come una gabbia, dalle sbarre potentissime anche se invisibili: se gli abusi del passato costringono Laura ad autosabotarsi con azioni controproducenti e sensi di colpa schiaccianti, anche Piergiulio, sotto il peso della sua vita irrisolta e di un'ansia che lo assale, naviga a vista anelando un approdo di calma, forse rappresentato dalla possibilità di riscatto attraverso una nuova famiglia. Eppure la speranza c'è, e resiste: e piano piano, prende per mano le loro vite.

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