Niall Ferguson su Margaret Thatcher: un libro cattivo e incantevole, degno della Lady

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orgasmi liberali
Questo volume di 86 pagine serve a ricordarci una delle persone della Trinità, e l’unica donna, che ha vinto la Terza guerra mondiale senza nemmeno combatterla: con lei, ovviamente, Ronald Reagan e Karol Wojtyla
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I laburisti? “Soffrono della tipica malattia dei socialisti: hanno finito i soldi degli altri”. E la libertà? “E’ il diritto di un uomo di lavorare come vuole, di spender quel che guadagna, di possedere proprietà, di considerare lo Stato come il proprio servitore, e non come il proprio padrone”. Lo svelto, incantevole, cattivo Lady - Apologia di Margaret Thatcher di Niall Ferguson, sì, lo storico di Occidente e Ascesa e declino del denaro, tradotto e pubblicato dalla Luiss, provoca continui, inarrestabili, goduriosi orgasmi liberali. Oggi l’“Hayek con la borsetta” è stata dimenticata un po’ troppo in fretta. Questo librino, 86 pagine compresa la prefazione di Lorenzo Castellani, serve intanto a ricordarci una delle persone della Trinità, e l’unica donna, che ha vinto la Terza guerra mondiale senza nemmeno combatterla: con lei, ovviamente, Ronald Reagan e Karol Wojtyla. Per Ferguson, che alla fine degli orrendi anni Settanta era un “punk tory” che ascoltava le canzoni sovversive dei Sex Pistols ma capiva che, con un’inflazione al 27 per cento e 12 milioni di giorni di lavoro persi per sciopero nel solo settembre ’79, il Regno Unito sarebbe presto collassato, Maggie fu più che una leader politica: fu la speranza. Il declino si poteva arrestare.
La libertà, cacciata dalla finestra da una micidiale combinazione di socialismo demente, sindacalismo scatenato e pacifismo calabraghe (allora si voleva il disarmo unilaterale, oggi la resa dell’Ucraina: i collaborazionisti restano gli stessi), rientrò trionfalmente dalla porta del numero 10 di Downing Street. Ferguson lo racconta in prima persona, da giovane aspirante intellettuale liberale che si pensa marginale e infatti è marginalizzato e all’improvviso scopre che le idee in cui crede non solo sono giuste in teoria, ma diventano il motore dell’unica vera rivoluzione riuscita del Novecento: quella liberale degli anni Ottanta. Sfatando anche qualche mito. La pur decisa signora non era quell’incrocio fa Boadicea e Maria la Sanguinaria che veniva rappresentata, ma una politica abile, più capace di compromessi di quanto si pensi.
E, beninteso, non tutto della Gran Bretagna thatcheriana era perfetto. L’analisi di Ferguson è perfetta, basta leggerla: parole non ci appulcro. Anzi, sì: perché questo libro serve anche a ricordarci quale abisso separi il conservatorismo liberale della Thatcher dall’attuale populismo. A cominciare dal fatto che i populisti seguono le pulsioni più rozze e analfabetiche dei loro sostenitori, quindi i governanti non sono meglio dei governati, anzi. La Thatcher, invece, diceva agli elettori quello che gli elettori non volevano sentirsi dire: individuava i problemi, elaborava le soluzioni e le applicava, anche se all’inizio potevano sembrare dolorose, o inique. Alla fine, questa signora dal carattere deciso aveva molta più fiducia nell’altrui cervello di quanto ne abbia l’attuale becerume populista. Vero è che, rispetto a Trump & co., godeva di un vantaggio fondamentale: ai suoi tempi, i social non esistevano.
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