Malattie del cuore: al Sud più morti, ricoveri e viaggi della speranza e stili di vita al palo


Le malattie cardiovascolari, prima causa di morte anche in Italia, non sono ancora sotto controllo per l’estrema difformità di risultati tra un’area e l’altra del paese. Se nel complesso negli ultimi venti anni la mortalità si è ridotta nettamente di ben il 70%, la forbice tra Sud e Nord è invece aumentata con uno svantaggio per le regioni meridionali in termini di maggiori ricoveri (tranne quelli per ictus nel 2020), decessi, migrazione sanitaria e stili di vita.Il bilancio in termini di anni di vita persi, malgrado il miglioramento complessivo degli esiti negli ultimi due decenni, è pesante: le malattie del sistema circolatorio - ischemiche e cerebrovascolari - contribuiscono ancora oggi al 20% negli uomini e al 16% nelle donne degli anni persi in totale dalla popolazione. Anche qui con valori che restano comunque più alti nel Sud e nelle Isole.
A tracciare il quadro è il secondo rapporto del Gruppo di Lavoro su equità e salute nelle Regioni dell’Istituto superiore di sanità. «Le variazioni regionali - spiega il presidente Iss Rocco Bellantone - dipendono dalla prevalenza delle condizioni a rischio, dalla disomogeneità dei modelli assistenziali e dalle risorse organizzative presenti nel territorio. Ho voluto questo gruppo di lavoro con la speranza che i dati possano essere molto utili per elaborare strategie che riescano a mitigare le disparità regionali nell’accesso all’assistenza sanitaria, di gran lunga il problema principale della sanità nel nostro paese».
Un quadro che mostra almeno due macro-tendenze geografiche, a cominciare dal fattore prevenzione che è il primo determinante anche della salute del cuore. Le differenze tra le aree del paese diventano drammatiche quando si guarda agli stili di vita, con dati che “non mostrano alcun reale miglioramento dal 2008 a oggi” e un netto svantaggio del Sud: tranne che per la quota di fumatori diminuita dal 30% al 24%, tutti gli altri indicatori sono in aumento. Nel dettaglio: la sedentarietà è aumenta dal 23% al 28%, l’eccesso ponderale affligge il 43% della popolazione con il 33% di sovrappeso e il 10% di obesità mentre peggiora il consumo di frutta e verdura. Fattori che - sottolineano dall’Iss - sono direttamente proporzionali alle disuguaglianze sociali e quindi a sfavore delle persone con maggiori difficoltà economiche o bassa istruzione.
Negli ultimi vent’anni si è passati da un tasso standardizzato pari a 903,70 ogni 100.000 abitanti nel 1980 a 266,28 nel 2021 con una riduzione del 70%. Il tasso negli uomini è sceso da 1.099,90 a 316,59 e nelle donne da 783,82 a 228,65. Nel Nord per gli uomini il tasso nel 1980 risultava più alto della media mentre nelle donne è sempre risultato inferiore alla media nazionale. Negli uomini del Sud i valori nel 1980 erano leggermente inferiori alla media mentre nel 2021 risultano superiori (362,17), mentre le donne del Meridione hanno sempre presentato un tasso di mortalità per malattie del sistema circolatorio superiore alla media.
Negli uomini il tasso italiano di ricovero per infarto acuto del miocardio è sceso da 270,3 nel 2010 a 208,3 nel 2023 diminuendo di circa il 20%, nelle donne si è passati da un tasso pari a 109,2 nel 2010 a 71,5 nel 2023 (-34%). In entrambi i sessi le Regioni del Sud presentano i tassi più alti soprattutto nell’ultimo periodo. Nel 2023 le popolazioni del Centro Italia presentano i tassi più bassi (TSI 200,20 e TSI 66,40 per uomini e donne), seguiti dalle Regioni del Nord (TSI 206,88 e TSI 68, 29), mentre al Sud e Isole il tasso standardizzato è pari a 223,46 negli uomini e 78,29 nelle donne.Nel 2023 la Valle d’Aosta presenta il tasso standardizzato più alto sia per gli uomini sia per le donne; a seguire la Calabria e la Liguria per gli uomini, la Calabria, il Friuli Venezia Giulia e la Sicilia per le donne.
L’andamento per l’ictus è “meno chiaro ed evidenzia tassi più alti nelle regione del nord nell’ultimo periodo”, sottolineano però dall’Iss. Analizzando i tassi standardizzati dell’ultimo anno i valori più elevati si trovano in Liguria, nella Provincia di Bolzano e in Umbria.
Sotto la lente dell’Iss la mobilità regionale per due interventi cardiovascolari: bypass aortocoronarico e valvole cardiache.Per il bypass, l’analisi della mobilità per macro-aree territoriali “mostra livelli contenuti nel Nord del Paese con un trend sostanzialmente stabile su valori intorno al 6%”. Per le Regioni del Centro i “viaggi” aumentano a partire dal 2012 fino a un picco nel 2016 per poi calare. Nel Sud comprese le Isole i livelli di mobilità sono sempre più elevati rispetto al Nord.
Molise, Calabria e Basilicata per il Sud e Liguria e Trentino Alto Adige per il Nord mostrano una mobilità particolarmente elevata. Ma è la Calabria ha registrare tassi molto più alti della media nazionale: nel corso dei venti anni considerati dall’indagine - che tiene conto dei Sistemi di sorveglianza Passi e Passi d’Argento, dell’Italian Health Examination Survey del Progetto Cuore dell’Iss, delle Schede di dimissione ospedaliera (Sdo) del ministero della Salute e dei dati di mortalità dell’Istat - il trend di questa regione è in diminuzione fino al 2019 (da 31,9% nel 2010 a 14,6% nel 2019) per poi risalire con la pandemia e arrivare al 29,5% nel 2023.
Per quanto riguarda gli interventi sulle valvole cardiache, riporta invece l’Iss, le Regioni del Nord presentano in tutti gli anni livelli molto inferiori rispetto alla media nazionale, con valori tra il 9 e il 10%. Al contrario, quelle del Sud mostrano sempre livelli dell’indice di fuga molto più alti rispetto alla media nazionale con un picco che ha raggiunto il 27% nel 2014 e una riduzione negli anni successivi per arrivare negli anni post-pandemia a recuperare i livelli degli anni precedenti.
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